Ricordo un’interessante discussione, mentre disegnavamo in classe alla Scuola di Comics di Firenze, sulla bellezza della penna bic. Cioè, del segno della penna bic (perché la penna in sé non è che sia poi tanto bella). Eravamo tutti d’accordo, allievi e insegnanti. Quel segno morbido, quasi impastato, ma al contempo come “graffiato”…
Un’immediatezza che permetteva un gesto fluido, vivace, e per questo anche molto espressivo. Adesso so che dipendeva soprattutto dal fatto di sentirsi liberi, al limite dello scarabocchio, ed è forse per questo che il segno ne giovava in naturalezza ed espressività.
Ma in effetti, la penna a sfera esercita un fascino tutto suo… ti salta in mano quasi spontaneamente e se per caso capita a tiro anche un foglio bianco, ecco, lei ti chiede… quasi ti supplica, di disegnare qualcosa. Di farla uscire, per una volta, dal suo ruolo misero di retroguardia da cancelleria.
A me le bic sono sempre state simpatiche, e infatti le ascolto.